Un giorno, Nasreddin Hogia e suo
figlio andavano al mercato. Il
figlio cavalcava l'asino, e lui,
lo accompagnava a piedi. Un
passante brontolà²: "Ecco la
nostra gioventù moderna,
lasciarsi portare
tranquillamente dall'asino,
obbligando il suo vecchio padre,
con il suo pesante turbante, a
seguirlo a piedi!"
"Padre, te lo avevo detto!"
Mormorò² il figlio. "Andiamo,
non indugiare e prendi il mio
posto."
Nasreddin Hodja acconsenti. Essi
fecero così un pezzo di strada
fino a che si sentirono
interpellare da un gruppo di
paesani:
"Ehi
Hodja, Le tue ossa si sono
indurite, sei distrutto dal peso
degli anni, perchè
costringi quest'adolescente, nel
fiore degli anni, a zoppicare
leggermente dietro di te?"
A queste parole, Hodja non trovò
meglio che far montare suo
figlio dietro di lui, sulla
groppa dell'asino. Non erano
andati molto lontano che alcuni
individui gli sbarrarono la
strada, gridando:
"Che gente spietata! Due persone
su di un povero asino. E dire
che è Il nostro famoso Hodja che
tollera ciò! Se questa non è una
vergogna!"
Questa volta, Nasreddin Hodja,
fuori di se, discese subito dal
somaro, ed anche suo figlio, e
entrambi proseguirono andando
dietro l'asino libero del suo
carico. Siccome ogni cosa ha una
fine, subirono I rimproveri di
alcuni mascalzoni che
incontrarono poco dopo.
"Che idiozia! Vedere l'asino
sgambettare e caracollare in
libertà, mentre I suoi padroni,
sfidando la polvere e
l'intollerabile calore, fanno la
strada a piedi! Non si è mai
vista una cosa simile!"
"Vedi, figlio mio", disse
Nasreddin Hodja al culmine della
pazienza,
"Ammiro le persone che si sono
liberate delle malelingue! Tu,
fai come ti sembra meglio e che
la gente dica ciò, che più
desidera, perchè le bocche degli
uomini non sono un sacco che si
possa Chiudere!"
Storia II
L'asino non può²
leggere più di questo ...
Un giorno, Tamerlano, aveva
ricevuto, in regalo, un asino
egiziano di grande valore. Lo
fece vedere ai suoi cortigiani
che non fecero che elogiarlo.
Rivolgendosi a Nasreddin Hodja:
- E cosa ne pensi, tu, di
quest'asino?
- In fede mia... Secondo me,
noto in quest'asino grandi doti
Se tu me lo ordini, posso
insegnargli a leggere in pochi
mesi.
Tamerlano,
molto incuriosito, rispose:
- Se tu vi riesci, ti
ricompenserò bene.
Hodja,
per questa storia, si vide
accordare un periodo di tre
mesi. Al termine di questo
periodo, Hodja portando il
somaro per la cavezza, lo portò
da Tamerlano, poi, tirando fuori
un grande libro che aveva
portato con se, lo mise davanti
all'animale. Questo, subito, si
mise a voltare velocemente, con
la lingua, le pagine del libro e
a ragliare quasi ad ogni pagina.
Tamerlano che si aspettava di
vedere un artificio maggiore,
domandò ad Hodja come aveva
fatto per arrivare a questo
risultato. Hodja, di rimando:
- Ecco... Dopo aver lasciato la
reggia, ho chiuso l'asino nella
scuderia. Quel giorno non gli
detti nulla da mangiare. Il
giorno dopo feci rilegare un
grosso libro e mettere grani
d'orzo, tra I fogli. L'asino
affamato, sentendo l'orzo,
cominciò a voltare le pagine del
libro con la sua lingua. Dove
non incontrava nulla, mi
guardava in faccia e si metteva
a ragliare. Ed è così che l'ho
abituato a nutrirsi. Un uomo
dell'assemblea, per sminuire
l'effetto delle parole di Hodja,
disse:
- Vediamo... Francamente,
io non ci ho capito nulla.
L'asino ha semplicemente voltato
le pagine e ragliato. Che c'è di
straordinario in questo?
Nasreddin Hodja, in risposta:
- L'asino non può leggere più di
così! Solamente nel caso in cui
si vorrebbe fargli apprendere di
più, allora bisognerebbe
veramente considerare asini noi
stessi!
A queste parole, tutta
l'assemblea, Tamerlano per
primo, rise lungamente e di buon
cuore.
Storia III
Contadini
che ci sapevano fare coi Numeri
...
Tra i luoghi che il mullah
Nasreddin Hodja visitò nei suoi
viaggi, c'era un villaggio i cui
abitanti erano noti per essere
particolarmente esperti nei
calcoli. Nasreddin trovò
alloggio presso la casa di un
contadino. Il mattino dopo
Nasreddin si accorse che nel
villaggio non c'era un pozzo.
Ogni mattina, un membro di ogni
famiglia del villaggio caricava
uno o due asini con delle
brocche per l'acqua vuote,
raggiungeva un ruscello ad
un'ora di cammino dal villaggio,
riempiva le brocche, e le
riportava indietro, impiegando
un'altra ora.
- Non sarebbe meglio se aveste
l'acqua nel villaggio -, chiese
l'hodja al contadino presso il
quale abitava.
- Oh, molto meglio, disse il
contadino. Ogni giorno l'acqua
mi costa due ore di lavoro per
l'asino e per il ragazzo che lo
conduce. In totale 1.460 ore
l'anno, se calcoliamo l'asino
uguale al ragazzo. Se l'asino e
il ragazzo impiegassero quel
tempo a lavorare nei campi, io
potrei, per esempio, piantare un
intero campo di zucche e
raccogliere 457 zucche in più
ogni anno.
- Mi pare che voi abbiate
previsto ogni cosa per bene - ,
disse l'hodja con ammirazione. -
E allora, perchè non scavare un
canale che porti l'acqua al
villaggio? -
- Non è così semplice -, disse
il contadino. -Sulla strada c'è
una collina che dovremmo scavare
e togliere. Se utilizzassi
ragazzo e asino per scavare un
canale, piuttosto che mandarli
per acqua, ci metterebbero 500
anni, lavorando due ore al
giorno. Io potrò forse campare
ancora trent'anni, quindi mi
costa molto meno farli portare
l'acqua-.
- Sì, ma sarebbe compito
soltanto tuo scavare un canale?
Ci sono molte famiglie in questo
villaggio-.
-Certamente -, disse il
contadino, - ci sono esattamente
100 famiglie.
Se ogni famiglia mandasse un
ragazzo e un asino ogni giorno
per due ore, ci vorrebbero
cinque anni per finire il
canale. E se lavorassero dieci
ore al giorno, per finirlo ce ne
vorrebbe uno -.
- Allora perchè non parli con i
tuoi compaesani e gli suggerisci
di scavare il canale tutti
insieme? -
- Dunque, se devo
discutere una questione
importante con un compaesano, lo
invito a casa mia, gli offro tè
e halvah, parliamo un poù del
tempo e delle previsioni per il
prossimo raccolto, poi si parla
della sua famiglia, delle sue
figlie, e dei suoi nipoti. Poi
gli offro il pranzo, e
dopopranzo prendiamo di nuovo il
tè. Poi lui s'informa della mia
fattoria e della mia famiglia,
poi arriviamo al punto, con
piacere e con calma. Per tutto
questo ci vuole un intero
giorno. Siccome nel villaggio ci
sono 100 famiglie, Io dovrei
parlare con 99 capofamiglia.
Devi ammettere che non posso
permettermi di passare
novantanove giorni di seguito in
queste discussioni. La mia
fattoria andrebbe alla malora.
Il massimo che possa fare è
invitare a casa mia un
compaesano alla settimana. Ma se
un anno ha cinquantadue
settimane, mi ci vorrebbero
almeno due anni per parlare con
tutti i miei compaesani.
Conoscendo i miei compaesani,
tutti alla fine concorderebbero
che sarebbe meglio avere l'acqua
nel villaggio, perchè ci sanno
tutti fare coi numeri. E
conoscendoli bene, ognuno di
loro si impegnerebbe a
partecipare all'impresa, se
anche gli altri lo facessero.
Insomma, dopo due anni dovrei
cominciare tutto daccapo. Dovrei
invitarli a casa mia e riferire
che anche gli altri sono
d'accordo a partecipare -.
- E' vero - , disse l'hodja, -
ma dopo due anni sareste pronti
per cominciare il lavoro. E dopo
ancora un anno, il canale
sarebbe finito! -
- Esatto - , disse il contadino.
- Così gli scansafatiche
trarrebbero dal canale lo stesso
vantaggio degli altri, ma senza
la spesa -.
- Devo ammettere che è così -
disse l'hodja.
- Così chiunque ci sappia fare
coi numeri cercherà di
sottrarsi al proprio dovere. Un
giorno l'asino zoppicherà . Un
altro giorno il figlio di
qualcuno avrà la tosse. E
poi si ammalerà la moglie
di qualcun altro, e ci sarà
bisogno del ragazzo e dell'asino
per condurre il dottore. Ma nel
nostro villaggio, tutti ci sanno
fare coi numeri, così
ognuno cercherà di evitare
di fare la sua parte. E siccome
ognuno di noi sa che gli altri
non si ammazzeranno di lavoro,
nessuno manderà il suo
ragazzo e il suo asino a
lavorare. Quindi i lavori per il
canale non cominceranno mai. -
- Devo ammettere che i tuoi
argomenti sembrano assai
convincenti -, disse l'hodja.
Rimuginò, per un po -, e
d'improvviso esclamò,
- Ma io
conosco un villaggio, dall'altro
versante dei monti, che ha
esattamente gli stessi vostri
problemi, ma sono vent'anni che
c'è un pozzo -.
- Bene -, disse il contadino, -
evidentemente non ci sanno fare
coi numeri -.
Storia IV
IL
TURBANTE ...
Un giorno, un uomo di affari,
arrivò a Konya da una cittadina
vicina e si presentò a Nasreddin
per chiedergli il favore di
leggergli una lettera che gli
era arrivata dalla Persia.
Il Hodja prese la lettera e,
avendone visto che il contenuto
era interamente in lingua
persiana senza neanche una
parola in turco, gli disse con
calma: "cercati un altro
traduttore, io non posso
leggertela."
Il
viandante lo guardò sbalordito,
"Che vuol dire 'non posso
leggerla', non sai leggere il
persiano? Saresti allora un
Hodja analfabeta?
Vergognati, non sei degno del
turbante che hai in testa!"
-
Nasreddin
si alzò di scatto, si tolse il
turbante e lo mise sulla testa
del viandante, dicendo:
"Eccoti il turbante in testa,
ora sei più che degno di leggere
la tua lettera."
Storia V
LA
SCALA ...
Nasreddin era ancora molto
giovane. Un giorno
d'estate si incamminò verso la
casa del vicino trascinandosi
dietro una scala di
legno. Arrivato allo steccato lo
scavalcò ed entrò nell'orto di
costui senza tanto badare a dove
metteva i piedi. Il
vicino, vedendolo, gli chiese
con garbo cosa stesse faccendo
con quella scala nel suo orto.
Nasreddin
gli rispose pacificamente che
stava vendendo scale"
-
"Come? E che ci fai nel
mio orto allora?" gli
rispose il vicino un pò seccato,
questa volta.
Nasreddin, senza scomporsi
replicò, "Ma che ti prende?
Mica posso andare a vendere una
scala dal droghiere?
Storia VI
I FICHI ...
Un
giorno Nasreddin Hodja si mise a
raccogliere delle angurie nel
suo orticello e le mise nelle
due ceste del suo asinello per
offrirle al Tamerlano.
Mentre si stava incamminando
verso la reggia trascinandosi
appresso il compagno quadrupede
col fardello in groppa, incontrò
un amico che lo saluto così:
"Merhaba" (Ciao) Hodja! dove
stai andando con quel carico?",
e Nasreddin,
"Dal
Tamerlano, gli porto delle
angurie dal mio orto." E
l'amico,
"Te lo
sconsiglio vivamente; so che non
gradisce questo frutto,
preferisce i fichi".
Nasreddin
tornò indietro, svuotò il carico
di angurie, lo ricaricò di fichi
dal suo frutteto e si incamminò,
di nuovo, tirandosi dietro
l'asinello. Arrivato dal
Tamerlano glieli offrì con
inchini e salam-e-lecchi.
Il Tamerlano prese un fico e lo
mangiò, ne prese un altro è lo
buttò sul viso del povero
Nasreddin. E continuò così
per un bel pò: uno in bocca e
uno addosso a NH. Ad ogni
fico che gli veniva sbattuto in
faccia, il povero NH alzava le
mani al cielo dicendo:
"Shukur
Allah!" (Dio ti ringrazio!)....
Quando il Tamerlano era ben
sazio e, dopo avergli
scaraventato addosso un mucchio
di fichi, incuriosito da tanta
gratitudine, gli chiese il
perchè. Nasreddin gli
rispose con enorme candore:
"Maestà,
come faccio a non ringraziare
Allah che ha messo sul mio
cammino un amico il quale mi ha
dato un ottimo consiglio.
Se non gli avessi dato retta,
ora mi troverei livido e bagnato
sotto una montagna di angurie!"
Storia VII
IL
CENTRO DEL MONDO ...
Un giorno tre imam
camminando per le vie di Aksehir
(Akshehir) e avendo sentito
parlare del Hogia vollero
conoscerlo di persona.
Dopo averlo incontrato nella
piazza della città ed aver
appurato la sua "statura",
vollero punzecchiarlo nel
tentativo di metterlo in
difficoltà e gli dissero:
"Nasreddin, ognuno di noi ha un
quesito da porti, puoi darci la
risposta?" -
" <Buyrun> (avanti), certo che
posso!", rispose NH.
"Nasreddin, dove si trova il
centro del mondo?", chiese il
primo -
"Ecco è
qui, è proprio qui", disse NH
indicando il punto dove
poggiavano le zampe anteriori
del suo asino.
"Non ci credo", rispose il
primo. -
"Non ci credi? E allora
misura". Gli venne posto
il secondo quesito dal secondo
imam:
"E mi
sapresti dire quante sono le
stelle che brillano in cielo di
notte?" - NH
indicando il suo asino, disse:
"E tu mi
sapresti dire quanti sono i peli
del mio asino?" A questa
risposta il secondo disse,
"Che
stupidaggine, come faccio a
saperlo?" -
" Dovresti contarli, dopodichÊ
saprai" -
Infine toccò al terzo di porre
il
quesito: "Secondo te,
quanti sono i peli della mia
barba?" - NH sempre
indicando l'asino disse:
"Sono esattamente lo stesso
numero di peli che si
trovano sulla coda del mio
asino." - A questa
risposta, protestarono tutti e
tre
all'unisono chiedendone, per la
terza volta, la prova.
Nasreddin, con la
sua
calma interiore e voce bassa
replicò: "Non ci credete
proprio? Allora ve
lo
dimostrerò subito.
Tiriamo un pelo dalla coda del
mio asino e uno dalla
tua
barba fino all'ultimo pelo e
alla fine vedrete che il totale
sarÃ
identico".
Storia VIII
LE PENTOLE ...
Un giorno Nasreddin Hodja
catturò un animaletto a lui
sconosciuto e lo mise in un
sacco. Tornato a casa lo
affidò al figlio dicendogli:
"Ti lascio
questo sacco, conservalo così
com'è fino al mio ritorno
e, mi raccomando, non aprirlo.
Quando torno, l'apriremo insieme
e così sapremo cosa ci sta
dentro."
Il
figlio, incuriosito dalla "cosa"
che si stava agitando nel sacco,
non riuscì a mantenere la
promessa fatta e, non appena il
padre si allontanò da casa lo
aprì e la lepre non appena vide
il varco fuggì via dalla
trappola. Intimorito dalla
propria disubbedienza, non
sapendo come meglio rimediare,
riempì il sacco di pentole e
coperchi.
Al suo
rientro, Nasreddin non era solo.
Aveva chiamato in consulto i
notabili più istruiti del paese
per avere lumi su quel
animaletto. Chiamò il
figlio e gli chiese di portare
il sacco. Aprì il sacco e
vedendone il contenuto, senza
togliere lo sguardo da suo
figlio e senza scomporsi disse:
"Beyeffendiler (Signori
padroni), ecco a voi, guardatele
bene, sono delle pentole..."
Sono
sempre di un umorismo fine e
simpatiche. Buona lettura
Storia IX
L'Asino che non può
leggere più di questo
Un giorno, Tamerlano, aveva
ricevuto, in regalo, un asino
egiziano di grande valore. Lo
fece vedere ai suoi cortigiani
che non fecero che elogiarlo.
Rivolgendosi a Nasreddin Hodja:
- E cosa ne pensi, tu, di
quest'asino?
- In fede mia ... secondo me,
noto in quest'asino grandi doti.
Se tu me lo ordini, posso
insegnargli a leggere in pochi
mesi.
Tamerlano, molto incuriosito,
rispose:
-
Se tu vi riesci, ti ricompenserò
bene.
Hodja, per questa storia, si
vide accordare un periodo di tre
mesi. Al termine di questo
periodo, Hodja portando il
somaro per la cavezza, lo portò
da Tamerlano, poi, tirando fuori
un grande libro che aveva
portato con se, Io mise davanti
all'animale. Questo, subito, si
mise a voltare velocemente, con
la lingua, le pagine del libro e
a ragliare quasi ad ogni pagina.
Tamerlano che si aspettava di
vedere un artificio maggiore,
domandò ad Hodja come aveva
fatto per arrivare a questo
risultato. Hodja, di rimando:
- Ecco...
dopo aver lasciato la reggia, ho
chiuso l'asino nella scuderia.
Quel giorno non gli detti nulla
da mangiare. Il giorno dopo feci
rilegare un grosso libro e
mettere grani d'orzo, tra i
fogli. L'asino affamato,
sentendo l'orzo, cominciò a
voltare le pagine del libro con
la sua lingua. Dove non
incontrava nulla, mi guardava in
faccia e si metteva a ragliare.
Ed è così che l'ho abituato a
nutrirsi.
Un uomo dell'assemblea, per
sminuire l'effetto delle parole
di Hodja, disse:
- Vediamo ... francamente, io
non ci ho capito nulla. L'asino
ha semplicemente voltato le
pagine e ragliato. Che c'è di
straordinario in questo?
Nasreddin Hodja, in risposta:
- L'asino
non può leggere più di così!
Solamente nel caso in cui si
vorrebbe fargli apprendere di
più, allora bisognerebbe
veramente considerare asini noi
stessi!
A queste parole, tutta
l'assemblea, Tamerlano per
primo, rise lungamente e di buon
cuore.
Storia X
Cosa portò la
sordità passeggera di Hodja
Gli uomini in generale evitano,
finché è in loro potere, di
lasciare apparire i loro difetti
e le loro infermità. Nasreddin
Hodja non faceva eccezione alla
regola. Era stato colpito da una
sordità passeggera che
curava da qualche tempo.
Era in questa situazione che
decise, un giorno, di andare a
visitare un confratello
gravemente malato. Cammin
facendo, meditava nel suo
spirito ciò che doveva fare. Si
proponeva che una tale visita
doveva essere breve, e in cui
non bisognava esprimere che
auguri di pronta guarigione.
Pensava anche che parole
confortanti, come quelle di
rassicurare il malato che vi era
un miglioramento nel suo stato,
era anche di circostanza. In
più, informarsi del medico
curante, dandogli fiducia e
consolidando il suo morale
malfermo. Era dunque con questa
disposizione d'animo che si
presentì al capezzale del suo
confratello che trovò prostrato
nel letto.
- Come stai, caro amico, fece
con un tono mieloso. Andiamo,
andiamo, hai una buona cera. Ti
auguro di vederti presto in
piedi.
Il malato, con una voce flebile,
mormorò:
- Che
stai dicendo, Hodja! Vado di
male in peggio. Sono fregato!
- Ho! Ho! Come sono felice !
riprese Hodja che aveva capito
tutta un'altra cosa.
L'amico si offese, ma si
contenne. Hodja continuò:
- E che
cosa ti si dà da mangiare?
- Del fango ... gridò il malato,
infuriato.
Hodja che non aveva ben capito,
esclamò:
- Che
cosa ottima questa! E
soprattutto che tu non ne sia
privato. E' una cosa che
fortifica. E' necessario anche
che continui a prenderne dopo
che ti sei ristabilito.
Il poverino, soffocato dalla
collera., fece un grande sforzo
per contenersi.
Hodja prosegui:
- Qual'è
il medico che ti cura?
- Di questo passo, sarà
Azael (Nome dell'angelo della
morte nell'Islam).
- Hai scelto bene il tuo medico.
Se ne dice molto bene, non
chiamare nessun altro nella tua
casa, insinuò Hodja.
Appena pronunciò queste parole
il malato raccogliendo le sue
ultime forze, si alzò con molta
pena, usci dal letto, prese
Nasreddin Hodja per il colletto,
e lo mise alla porta.
Storia XI
Non devo piangere
un po- di più ?
Un giorno che Nasreddin Hodja si
trovava in compagnia di
Tamerlano, nel suo palazzo, fu
portato al conquistatore, in
regalo, uno specchio di platino.
Tamerlano si rimirò nello
specchio. Qualche lacrima
imperlò i suoi occhi. Al vedere
ciò, Hodja, a sua volta, si mise
a piangere. Poco dopo, Tamerlano
essendosi calmato, vide Hodja
che seguitava a piangere.
- Hodja, disse Tamerlano, quando
mi sono visto nello specchio
così brutto, ho provato una
piccola emozione. Sapendo fino a
che punto tu mi sei attaccato,
non sono stato sorpreso di
vederti prendere parte alla mia
pena. Te ne ringrazio. Ma,
dimmi, perchè continui a
lacrimare ora che mi sono
rasserenato? Nasreddin Hodja,
asciugandosi le lacrime:
- Sire,
per un istante che vi siete
visto nello specchio, vi siete
afflitto per un momento; io,
vostro servitore che vi vedo per
tutto il