Un giorno, Nasreddin Hogia e suo 
												figlio andavano al mercato. Il 
												figlio cavalcava l'asino, e lui, 
												lo accompagnava a piedi. Un 
												passante brontolà²: "Ecco la 
												nostra gioventù moderna, 
												lasciarsi portare 
												tranquillamente dall'asino, 
												obbligando il suo vecchio padre, 
												con il suo pesante turbante, a 
												seguirlo a piedi!"
												
												
												            
												"Padre, te lo avevo detto!" 
												Mormorò² il figlio. "Andiamo, 
												non indugiare e prendi il mio 
												posto."
												
												
												            
												Nasreddin Hodja acconsenti. Essi 
												fecero così un pezzo di strada 
												fino a che si sentirono 
												interpellare da un gruppo di 
												paesani: 
												         
												"Ehi 
												Hodja, Le tue ossa si sono 
												indurite, sei distrutto dal peso 
												degli anni,  perchè 
												costringi quest'adolescente, nel 
												fiore degli anni, a zoppicare 
												leggermente dietro di te?"
												
												
												
												            
												A queste parole, Hodja non trovò 
												meglio che far montare suo 
												figlio dietro di lui, sulla 
												groppa dell'asino. Non erano 
												andati molto lontano che alcuni 
												individui gli sbarrarono la 
												strada, gridando:
												
												
												
												            
												"Che gente spietata! Due persone 
												su di un povero asino. E dire 
												che è Il nostro famoso Hodja che 
												tollera ciò! Se questa non è una 
												vergogna!"
												
												
												            
												Questa volta, Nasreddin Hodja, 
												fuori di se, discese subito dal 
												somaro, ed anche suo figlio, e 
												entrambi proseguirono andando 
												dietro l'asino libero del suo 
												carico. Siccome ogni cosa ha una 
												fine, subirono I rimproveri di 
												alcuni mascalzoni che 
												incontrarono poco dopo. 
												
												
												            
												"Che idiozia! Vedere l'asino 
												sgambettare e caracollare in 
												libertà, mentre I suoi padroni, 
												sfidando la polvere e 
												l'intollerabile calore, fanno la 
												strada a piedi! Non si è mai 
												vista una cosa simile!"
												
												
												            
												"Vedi, figlio mio", disse 
												Nasreddin Hodja al culmine della 
												pazienza, 
												      
												     
												"Ammiro le persone che si sono 
												liberate delle malelingue! Tu, 
												fai come ti sembra meglio e che 
												la gente dica ciò, che più 
												desidera, perchè le bocche degli 
												uomini non sono un sacco che si 
												possa Chiudere!"
												
												 
												
												
                      							
												Storia II 
                        L'asino non può² 
												leggere più di questo ...
												
												
												            
												
												            
												Un giorno, Tamerlano, aveva 
												ricevuto, in regalo, un asino 
												egiziano di grande valore. Lo 
												fece vedere ai suoi cortigiani 
												che non fecero che elogiarlo. 
												Rivolgendosi a Nasreddin Hodja:
												 
												
												
												            
												- E cosa ne pensi, tu, di 
												quest'asino? 
												
												
												            
												- In fede mia... Secondo me, 
												noto in quest'asino grandi doti 
												Se tu me lo ordini, posso 
												insegnargli a leggere in pochi 
												mesi. 
												 
												          
												Tamerlano, 
												molto incuriosito, rispose:
												 
												
												
												            
												- Se tu vi riesci, ti 
												ricompenserò bene. 
												
												 
												          
												 Hodja, 
												per questa storia, si vide 
												accordare un periodo di tre 
												mesi. Al termine di questo 
												periodo, Hodja portando il 
												somaro per la cavezza, lo portò 
												da Tamerlano, poi, tirando fuori 
												un grande libro che aveva 
												portato con se, lo mise davanti 
												all'animale. Questo, subito, si 
												mise a voltare velocemente, con 
												la lingua, le pagine del libro e 
												a ragliare quasi ad ogni pagina. 
												Tamerlano che si aspettava di 
												vedere un artificio maggiore, 
												domandò ad Hodja come aveva 
												fatto per arrivare a questo 
												risultato. Hodja, di rimando:
												 
												
												
												            
												- Ecco... Dopo aver lasciato la 
												reggia, ho chiuso l'asino nella 
												scuderia. Quel giorno non gli 
												detti nulla da mangiare. Il 
												giorno dopo feci rilegare un 
												grosso libro e mettere grani 
												d'orzo, tra I fogli. L'asino 
												affamato, sentendo l'orzo, 
												cominciò a voltare le pagine del 
												libro con la sua lingua. Dove 
												non incontrava nulla, mi 
												guardava in faccia e si metteva 
												a ragliare. Ed è così che l'ho 
												abituato a nutrirsi. Un uomo 
												dell'assemblea, per sminuire 
												l'effetto delle parole di Hodja, 
												disse:
												 
												
												     
												       - Vediamo... Francamente, 
												io non ci ho capito nulla. 
												L'asino ha semplicemente voltato 
												le pagine e ragliato. Che c'è di 
												straordinario in questo?
												 
												
												
												            
												Nasreddin Hodja, in risposta:
												 
												
												
												            
												- L'asino non può leggere più di 
												così! Solamente nel caso in cui 
												si vorrebbe fargli apprendere di 
												più, allora bisognerebbe 
												veramente considerare asini noi 
												stessi!
												 
												
												
												            
												A queste parole, tutta 
												l'assemblea, Tamerlano per 
												primo, rise lungamente e di buon 
												cuore.
												
												 
												 
												
												
												
                      							
												Storia III 
                        Contadini 
												che ci sapevano fare coi Numeri 
												...
												
												
												            
												
												           
												 Tra i luoghi che il mullah 
												Nasreddin Hodja visitò nei suoi 
												viaggi, c'era un villaggio i cui 
												abitanti erano noti per essere 
												particolarmente esperti nei 
												calcoli. Nasreddin trovò 
												alloggio presso la casa di un 
												contadino. Il mattino dopo 
												Nasreddin si accorse che nel 
												villaggio non c'era un pozzo. 
												Ogni mattina, un membro di ogni  
												famiglia del villaggio caricava 
												uno o due asini con delle 
												brocche per l'acqua vuote, 
												raggiungeva un ruscello ad 
												un'ora di cammino dal villaggio, 
												riempiva le brocche, e le 
												riportava indietro, impiegando 
												un'altra ora.
												 
												
												
												            
												- Non sarebbe meglio se aveste 
												l'acqua nel villaggio -, chiese 
												l'hodja al contadino presso il 
												quale abitava.
												
												
												            
												- Oh, molto meglio, disse il 
												contadino. Ogni giorno l'acqua 
												mi costa due ore di lavoro per 
												l'asino e per il ragazzo che lo 
												conduce. In totale 1.460 ore 
												l'anno, se calcoliamo l'asino 
												uguale al ragazzo. Se l'asino e 
												il ragazzo impiegassero quel 
												tempo a lavorare nei campi, io 
												potrei, per esempio, piantare un 
												intero campo di zucche e 
												raccogliere 457 zucche in più 
												ogni anno.
												 
												
												
												            
												- Mi pare che voi abbiate 
												previsto ogni cosa per bene - , 
												disse l'hodja con ammirazione. - 
												E allora, perchè non scavare un 
												canale che porti l'acqua al 
												villaggio? - 
												
												 
												
												
												            
												- Non è così semplice -, disse 
												il contadino. -Sulla strada c'è 
												una collina che dovremmo scavare 
												e togliere. Se utilizzassi 
												ragazzo e asino per scavare un 
												canale, piuttosto che mandarli 
												per acqua, ci metterebbero 500 
												anni, lavorando due ore al 
												giorno. Io potrò forse campare 
												ancora trent'anni, quindi mi 
												costa molto meno farli portare 
												l'acqua-.
												
												
												            
												- Sì, ma sarebbe compito 
												soltanto tuo scavare un canale? 
												Ci sono molte famiglie in questo 
												villaggio-.
												
												
												            
												-Certamente -, disse il 
												contadino, - ci sono esattamente 
												100 famiglie. 
												
												
												
												            
												Se ogni famiglia mandasse un 
												ragazzo e un asino ogni giorno 
												per due ore, ci vorrebbero 
												cinque anni per finire il 
												canale. E se lavorassero dieci 
												ore al giorno, per finirlo ce ne 
												vorrebbe uno -.
												
												
												            
												- Allora perchè non parli con i 
												tuoi compaesani e gli suggerisci 
												di scavare il canale tutti 
												insieme? -
												
												     
												       - Dunque, se devo 
												discutere una questione 
												importante con un compaesano, lo 
												invito a casa mia, gli offro tè 
												e halvah, parliamo un poù del 
												tempo e delle previsioni per il 
												prossimo raccolto, poi si parla 
												della sua famiglia, delle sue 
												figlie, e dei suoi nipoti. Poi 
												gli offro il pranzo, e 
												dopopranzo prendiamo di nuovo il 
												tè. Poi lui s'informa della mia 
												fattoria e della mia famiglia, 
												poi arriviamo al punto, con 
												piacere e con calma. Per tutto 
												questo ci vuole un intero 
												giorno. Siccome nel villaggio ci 
												sono 100 famiglie, Io dovrei 
												parlare con 99 capofamiglia. 
												Devi ammettere che non posso 
												permettermi di passare 
												novantanove giorni di seguito in 
												queste discussioni. La mia 
												fattoria andrebbe alla malora. 
												Il massimo che possa fare è 
												invitare a casa mia un 
												compaesano alla settimana. Ma se 
												un anno ha cinquantadue 
												settimane, mi ci vorrebbero 
												almeno due anni per parlare con 
												tutti i miei compaesani. 
												Conoscendo i miei compaesani, 
												tutti alla fine concorderebbero 
												che sarebbe meglio avere l'acqua 
												nel villaggio, perchè ci sanno 
												tutti fare coi numeri. E 
												conoscendoli bene, ognuno di 
												loro si impegnerebbe a 
												partecipare all'impresa, se 
												anche gli altri lo facessero. 
												Insomma, dopo due anni dovrei 
												cominciare tutto daccapo. Dovrei 
												invitarli a casa mia e riferire 
												che anche gli altri sono 
												d'accordo a partecipare -.
												
												
												            
												- E' vero - , disse l'hodja, - 
												ma dopo due anni sareste pronti 
												per cominciare il lavoro. E dopo 
												ancora un anno, il canale 
												sarebbe finito! -
												
												
												            
												- Esatto - , disse il contadino. 
												- Così gli scansafatiche 
												trarrebbero dal canale lo stesso 
												vantaggio degli altri, ma senza 
												la spesa -.
												
												
												            
												- Devo ammettere che è così - 
												disse l'hodja.
												
												
												            
												- Così chiunque ci sappia fare 
												coi numeri cercherà  di 
												sottrarsi al proprio dovere. Un 
												giorno l'asino zoppicherà . Un 
												altro giorno il figlio di 
												qualcuno avrà  la tosse. E 
												poi si ammalerà  la moglie 
												di qualcun altro, e ci sarà  
												bisogno del ragazzo e dell'asino 
												per condurre il dottore. Ma nel 
												nostro villaggio, tutti ci sanno 
												fare  coi numeri, così 
												ognuno cercherà  di evitare 
												di fare la sua parte. E siccome 
												ognuno di noi sa che gli altri 
												non si ammazzeranno di lavoro, 
												nessuno manderà  il suo 
												ragazzo e il suo asino a 
												lavorare. Quindi i lavori per il 
												canale non cominceranno mai. -
												
												
												            
												- Devo ammettere che i tuoi 
												argomenti sembrano assai 
												convincenti -, disse l'hodja. 
												Rimuginò, per un po -, e 
												d'improvviso esclamò, 
												
												          
												- Ma io 
												conosco un villaggio, dall'altro 
												versante dei monti, che ha 
												esattamente gli stessi vostri 
												problemi, ma sono vent'anni che 
												c'è un pozzo -.
												
												
												            
												- Bene -, disse il contadino, - 
												evidentemente non ci sanno fare 
												coi numeri -.
												
												
												            
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia IV 
                        IL 
												TURBANTE ... 
												
												            
												Un giorno, un uomo di affari, 
												arrivò a Konya da una cittadina 
												vicina e si presentò a Nasreddin 
												per chiedergli il favore di 
												leggergli una lettera che gli 
												era arrivata dalla Persia.  
												Il Hodja prese la lettera e, 
												avendone visto che il contenuto 
												era interamente in lingua 
												persiana senza neanche una 
												parola in turco, gli disse con 
												calma: "cercati un altro 
												traduttore, io non posso 
												leggertela."  
												            
												Il 
												viandante lo guardò sbalordito, 
												"Che vuol dire 'non posso 
												leggerla', non sai leggere il 
												persiano? Saresti allora un 
												Hodja analfabeta?  
												Vergognati, non sei degno del 
												turbante che hai in testa!"  
												-  
												            
												Nasreddin 
												si alzò di scatto, si tolse il 
												turbante e lo mise sulla testa 
												del viandante, dicendo:  
												"Eccoti il turbante in testa, 
												ora sei più che degno di leggere 
												la tua lettera."
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia V 
                        LA 
												SCALA ...
												
												           
												
												 Nasreddin era ancora molto 
												giovane.   Un giorno 
												d'estate si incamminò verso la 
												casa del vicino trascinandosi 
												dietro una scala di 
												legno. Arrivato allo steccato lo 
												scavalcò ed entrò nell'orto di 
												costui senza tanto badare a dove 
												metteva i piedi.  Il 
												vicino, vedendolo, gli chiese 
												con garbo cosa stesse faccendo 
												con quella scala nel suo orto. 
												
												             
												Nasreddin 
												gli rispose pacificamente che 
												stava vendendo scale"  
												
												             
												-  
												"Come?  E che ci fai nel 
												mio orto allora?"  gli 
												rispose il vicino un pò seccato, 
												questa volta.
												
												              
												Nasreddin, senza scomporsi 
												replicò, "Ma che ti prende?  
												Mica posso andare a vendere una 
												scala dal droghiere?
												 
												
												
												
                      							
												Storia VI 
                        
												I  FICHI ...
												
												           
												 Un 
												giorno Nasreddin Hodja si mise a 
												raccogliere delle angurie nel 
												suo orticello e le mise nelle 
												due ceste del suo asinello per 
												offrirle al Tamerlano.  
												Mentre si stava incamminando 
												verso la reggia trascinandosi 
												
												  
												appresso il compagno quadrupede 
												col fardello in groppa, incontrò 
												un amico che lo saluto così:
												          
												  
												"Merhaba" (Ciao) Hodja! dove 
												stai andando con quel carico?",  
												e Nasreddin, 
												            
												"Dal 
												Tamerlano, gli porto delle 
												angurie dal mio orto."  E 
												l'amico, 
												            
												"Te lo 
												sconsiglio vivamente; so che non 
												gradisce questo frutto, 
												preferisce i fichi".  
												
												          
												Nasreddin 
												tornò indietro, svuotò il carico 
												di angurie, lo ricaricò di fichi 
												dal suo frutteto e si incamminò, 
												di nuovo, tirandosi dietro 
												l'asinello.  Arrivato dal 
												Tamerlano glieli offrì con 
												inchini e salam-e-lecchi.  
												Il Tamerlano prese un fico e lo 
												mangiò, ne prese un altro è lo 
												buttò sul viso del povero 
												Nasreddin.  E continuò così 
												per un bel pò: uno in bocca e 
												uno addosso a NH.  Ad ogni 
												fico che gli veniva sbattuto in 
												faccia, il povero NH alzava le 
												mani al cielo dicendo: 
												           
												"Shukur 
												Allah!" (Dio ti ringrazio!)....  
												Quando il Tamerlano era ben 
												sazio e, dopo avergli 
												scaraventato addosso un mucchio 
												di fichi, incuriosito da tanta 
												gratitudine, gli chiese il 
												perchè.  Nasreddin gli 
												rispose con enorme candore:  
												          
												"Maestà, 
												come faccio a non ringraziare 
												Allah che ha messo sul mio 
												cammino un amico il quale mi ha 
												dato un ottimo consiglio.  
												Se non gli avessi dato retta, 
												ora mi troverei livido e bagnato 
												sotto una montagna di angurie!"
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia VII 
                         IL 
												CENTRO DEL MONDO ...
												
												          
												 
												Un giorno tre imam 
												camminando per le vie di Aksehir 
												(Akshehir) e avendo sentito 
												parlare del Hogia vollero 
												conoscerlo di persona.  
												Dopo averlo incontrato nella 
												piazza della città ed aver 
												appurato la sua "statura", 
												vollero  punzecchiarlo nel 
												tentativo di metterlo in 
												difficoltà e gli dissero:  
												
												             
												"Nasreddin, ognuno di noi ha un 
												quesito da porti, puoi darci la 
												risposta?"  -  
												
												             
												" <Buyrun> (avanti), certo che 
												posso!", rispose NH.  
												
												            
												
												"Nasreddin, dove si trova il 
												centro del mondo?", chiese il 
												primo - 
												
												            
												"Ecco è 
												qui, è proprio qui", disse NH 
												indicando il punto dove 
												poggiavano le zampe anteriori 
												del suo asino.  
												
												             
												"Non ci credo", rispose il 
												primo. -
												          
												  
												"Non ci credi?  E allora 
												misura".  Gli venne posto 
												il secondo quesito dal secondo 
												imam:
												          
												 "E mi 
												sapresti dire quante sono le 
												stelle che brillano in cielo di 
												notte?"  -   NH 
												indicando il suo asino, disse:
												           
												 "E tu mi 
												sapresti dire quanti sono i peli 
												del mio asino?"  A questa 
												risposta il secondo disse,
												           
												 "Che 
												stupidaggine, come faccio a 
												saperlo?" - 
												
												     
												" Dovresti contarli, dopodichÊ 
												saprai"  -    
												Infine toccò al terzo di porre 
												
												  il 
												quesito:  "Secondo te, 
												quanti sono i peli della mia 
												barba?" -  NH sempre 
												
												  
												indicando l'asino disse:  
												"Sono esattamente lo stesso 
												numero di peli che si 
												
												  
												trovano sulla coda del mio 
												asino." -  A questa 
												risposta, protestarono tutti e 
												
												  tre 
												all'unisono chiedendone, per la 
												terza volta, la prova.  
												Nasreddin, con la 
												
												  sua 
												calma interiore e voce bassa 
												replicò:  "Non ci credete 
												proprio?  Allora ve 
												
												  lo 
												dimostrerò subito.  
												Tiriamo un pelo dalla coda del 
												mio asino e uno dalla 
												
												  tua 
												barba fino all'ultimo pelo e 
												alla fine vedrete che il totale 
												sarà 
												
												  
												identico".
												
												 
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia VIII 
                        LE PENTOLE ...
												
												
												               
												Un giorno Nasreddin Hodja 
												catturò un animaletto a lui 
												sconosciuto e lo mise in un 
												sacco.  Tornato a casa lo 
												affidò al figlio dicendogli:  
												
												              
												"Ti lascio 
												questo sacco, conservalo così 
												com'è fino al mio  ritorno 
												e, mi raccomando, non aprirlo.  
												Quando torno, l'apriremo insieme 
												e così sapremo cosa ci sta 
												dentro."
												            
												 Il 
												figlio, incuriosito dalla "cosa" 
												che si stava agitando nel sacco, 
												non riuscì a mantenere la 
												promessa fatta e, non appena il 
												padre si allontanò da casa lo 
												aprì e la lepre non appena vide 
												il varco fuggì via dalla 
												trappola. Intimorito dalla 
												propria disubbedienza, non 
												sapendo come meglio rimediare, 
												riempì il sacco di pentole e 
												coperchi.  
												             
												Al suo 
												rientro, Nasreddin non era solo.  
												Aveva chiamato in consulto i 
												notabili più istruiti del paese 
												per avere lumi su quel 
												animaletto.  Chiamò il 
												figlio e gli chiese di portare 
												il sacco.  Aprì il sacco e 
												vedendone il contenuto, senza 
												togliere lo sguardo da suo 
												figlio e senza scomporsi disse: 
												
												              
												"Beyeffendiler (Signori 
												padroni), ecco a voi, guardatele 
												bene, sono delle pentole..."
												
												 
												
												Sono 
												sempre di un umorismo fine e 
												simpatiche. Buona lettura
												
												 
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia IX 
                        L'Asino che non può 
												leggere più di questo
												
												              
												Un giorno, Tamerlano, aveva 
												ricevuto, in regalo, un asino 
												egiziano di grande valore. Lo 
												fece vedere ai suoi cortigiani 
												che non fecero che elogiarlo. 
												Rivolgendosi a Nasreddin Hodja:
												
												               
												- E cosa ne pensi, tu, di 
												quest'asino?
												
												               
												- In fede mia ... secondo me, 
												noto in quest'asino grandi doti. 
												Se tu me lo ordini, posso 
												insegnargli a leggere in pochi 
												mesi.
												
												               
												Tamerlano, molto incuriosito, 
												rispose:
												            
												  - 
												Se tu vi riesci, ti ricompenserò 
												bene.
												
												              
												Hodja, per questa storia, si 
												vide accordare un periodo di tre 
												mesi. Al termine di questo 
												periodo, Hodja portando il 
												somaro per la cavezza, lo portò 
												da Tamerlano, poi, tirando fuori 
												un grande libro che aveva 
												portato con se, Io mise davanti 
												all'animale. Questo, subito, si 
												mise a voltare velocemente, con 
												la lingua, le pagine del libro e 
												a ragliare quasi ad ogni pagina.
												
												               
												Tamerlano che si aspettava di 
												vedere un artificio maggiore, 
												domandò ad Hodja come aveva 
												fatto per arrivare a questo 
												risultato. Hodja, di rimando:
												
												            
												 - Ecco... 
												dopo aver lasciato la reggia, ho 
												chiuso l'asino nella scuderia. 
												Quel giorno non gli detti nulla 
												da mangiare. Il giorno dopo feci 
												rilegare un grosso libro e 
												mettere grani d'orzo, tra i 
												fogli. L'asino affamato, 
												sentendo l'orzo, cominciò a 
												voltare le pagine del libro con 
												la sua lingua. Dove non 
												incontrava nulla, mi guardava in 
												faccia e si metteva a ragliare. 
												Ed è così che l'ho abituato a 
												nutrirsi. 
												         
												     
												Un uomo dell'assemblea, per 
												sminuire l'effetto delle parole 
												di Hodja, disse: 
												           
												   
												- Vediamo ... francamente, io 
												non ci ho capito nulla. L'asino 
												ha semplicemente voltato le 
												pagine e ragliato. Che c'è di 
												straordinario in questo?
												
												               
												Nasreddin Hodja, in risposta:
												
												              
												- L'asino 
												non può leggere più di così! 
												Solamente nel caso in cui si 
												vorrebbe fargli apprendere di 
												più, allora bisognerebbe 
												veramente considerare asini noi 
												stessi!
												
												              
												A queste parole, tutta 
												l'assemblea, Tamerlano per 
												primo, rise lungamente e di buon 
												cuore.
												
												 
												 
												
												
												
                      							
												Storia X 
                        Cosa portò la 
												sordità passeggera di Hodja
												
												              
												Gli uomini in generale evitano, 
												finché è in loro potere, di 
												lasciare apparire i loro difetti 
												e le loro infermità. Nasreddin 
												Hodja non faceva eccezione alla 
												regola. Era stato colpito da una 
												sordità  passeggera che 
												curava da qualche tempo.
												
												               
												Era in questa situazione che 
												decise, un giorno, di andare a 
												visitare un confratello 
												gravemente malato. Cammin 
												facendo, meditava nel suo 
												spirito ciò che doveva fare. Si 
												proponeva che una tale visita 
												doveva essere breve, e in cui 
												non bisognava esprimere che 
												auguri di pronta guarigione. 
												Pensava anche che parole 
												confortanti, come quelle di 
												rassicurare il malato che vi era 
												un miglioramento nel suo stato, 
												era anche di circostanza. In 
												più, informarsi del medico 
												curante, dandogli fiducia e 
												consolidando il suo morale 
												malfermo. Era dunque con questa 
												disposizione d'animo che si 
												presentì al capezzale del suo 
												confratello che trovò prostrato 
												nel letto.
												
												                
												- Come stai, caro amico, fece 
												con un tono mieloso. Andiamo, 
												andiamo, hai una buona cera. Ti 
												auguro di vederti presto in 
												piedi.
												
												                
												Il malato, con una voce flebile, 
												mormorò:
												              
												 - Che 
												stai dicendo, Hodja! Vado di 
												male in peggio. Sono fregato!
												
												                
												- Ho! Ho! Come sono felice ! 
												riprese Hodja che aveva capito 
												tutta un'altra cosa.
												
												                
												L'amico si offese, ma si 
												contenne. Hodja continuò:
												              
												 - E che 
												cosa ti si dà da mangiare?
												
												                
												- Del fango ... gridò il malato, 
												infuriato.
												
												                
												Hodja che non aveva ben capito, 
												esclamò:
												              
												 - Che 
												cosa ottima questa! E 
												soprattutto che tu non ne sia 
												privato. E' una cosa che 
												fortifica. E' necessario anche 
												che continui a prenderne dopo 
												che ti sei ristabilito.
												
												                
												Il poverino, soffocato dalla 
												collera., fece un grande sforzo 
												per contenersi.
												
												                
												Hodja prosegui:
												               
												 - Qual'è 
												il medico che ti cura?
												
												                 
												- Di questo passo, sarà  
												Azael (Nome dell'angelo della 
												morte nell'Islam).
												
												                 
												- Hai scelto bene il tuo medico. 
												Se ne dice molto bene, non 
												chiamare nessun altro nella tua 
												casa, insinuò Hodja.
												
												                 
												Appena pronunciò queste parole 
												il malato raccogliendo le sue 
												ultime forze, si alzò con molta 
												pena, usci dal letto, prese 
												Nasreddin Hodja per il colletto, 
												e lo mise alla porta.
												
												 
												
												
												
                      							
												Storia XI 
                        Non devo piangere 
												un po- di più ?
												
												                 
												Un giorno che Nasreddin Hodja si 
												trovava in compagnia di 
												Tamerlano, nel suo palazzo, fu 
												portato al conquistatore, in 
												regalo, uno specchio di platino. 
												Tamerlano si rimirò nello 
												specchio. Qualche lacrima 
												imperlò i suoi occhi. Al vedere 
												ciò, Hodja, a sua volta, si mise 
												a piangere. Poco dopo, Tamerlano 
												essendosi calmato, vide Hodja 
												che seguitava a piangere.
												
												                 
												- Hodja, disse Tamerlano, quando 
												mi sono visto nello specchio 
												così brutto, ho provato una 
												piccola emozione. Sapendo fino a 
												che punto tu mi sei attaccato, 
												non sono stato sorpreso di 
												vederti prendere parte alla mia 
												pena. Te ne ringrazio. Ma, 
												dimmi, perchè continui a 
												lacrimare ora che mi sono 
												rasserenato? Nasreddin Hodja, 
												asciugandosi le lacrime:
												                
												 - Sire, 
												per un istante che vi siete 
												visto nello specchio, vi siete 
												afflitto per un momento; io, 
												vostro servitore che vi vedo per 
												tutto il