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Dal
1° gennaio 2009 al via le prime trasmissioni in curdo in
Turchia
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di Vittorio
Da Rold - Il Sole 24 Ore
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In vista
delle prossime elezioni
amministrative di marzo, dove si
decideranno le sorti del Governo
islamico moderato di Recep Tayyp
Erdogan, per la prima volta in
Turchia, dal primo gennaio 2009,
la televisione di Stato avrà un
canale televisivo in lingua
curda. La Trt, nel sesto canale,
trasmetterà 24 ore su 24, senza
sottotitoli, film, documentari,
serial e programmi musicali. Al
lancio del nuovo canale curdo,
che conta su una popolazione di
circa 12 milioni di persone in
Turchia, un sesto della
popolazione complessiva,
parteciperà lo stesso premier
Erdogan, come a coronare una
riforma iniziata
legislativamente nel 2002,
quando ufficialmente fu abolito
il divieto di diffusione nelle
tre lingue dei curdi, kirmanji,
sorani o zaza, ma che per
resistenze burocratiche e
nazionaliste ha dovuto attendere
fino a oggi la sua realizzazione
completa.
Negli anni Ottanta i curdi
(presenti anche in Nord Iraq,
Iran e parte della Siria)
parlavano solamente «una lingua
sconosciuta», la «lingua delle
montagne», secondo quanto
scriveva il drammaturgo inglese
appena scomparso Harold Pinter
di ritorno da un viaggio in
Turchia. Vista da molti curdi
come «uno strumento politico
nelle mani dello Stato»
l'iniziativa non è piaciuta ad
alcuni intellettuali curdi (come
il poeta Silvan Perwer che ha
rifiutato di partecipare al
lancio), perché temono
un'operazione di facciata del
partito di maggioranza Akp al
solo scopo di fare il pieno di
voti alle prossime elezioni
amministrative, danneggiando il
partito curdo Dtp. A condurre la
tv sarà un ex-diplomatico
curdofono nominato dal governo:
«Si tratta - ha affermato Sinan
Ilhan - di fornire dei
progranmmi che possano
contribuire alla presa di
coscienza democratica della
popolazione del Paese».La tv
avrà anche programmi in arabo e
in farsi. Ma già molti guardano
la tv curda che trasmette dal
Nord Iraq. La Tv in lingua
locale è il primo passo (nelle
scuole però resta vietato l'uso
del curdo), ma non basta per
ridurre il gap economico oggi
esistente tra regioni ricche
(Istanbul e centro anatoliche) e
quelle depresse del sud-est del
Paese.
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